Guida turistica alle maglie da trasferta del Portogruaro

Granata da sempre

Intendiamoci, “Portogruaro è granata e granata per sempre sarà” come cantavano qualche anno fa gli ultras. Fin dai primi protagonisti della pedata, in riva al Lemene il colore della casacca è stato lo stesso del Grande Torino. Non è un caso se ormai “granata” sia anche un sinonimo comprensibile a tutti per indicare giocatori e giocatrici del Porto. L’identità tra la città e questa sfumatura, a metà tra il bordeaux e l’amaranto, è talmente forte che anche l’altra storica società cittadina, l’Aurora San Nicolò (ha festeggiato nemmeno un mese fa i 70 anni di storia), adotta lo stesso colore. La sezione femminile, nata nel 2014 in seno alla rinata ASD Portogruaro Calcio, non è venuta meno alla tradizione, ma negli ultimi anni si è distinta per una notevole creatività nella scelta delle seconde e terze maglie, che, per libertà cromatica, sembrano quasi l’altro versante della Luna, rispetto alla maglia standard per le partite in casa, tutta granata, con al massimo qualche richiamo bianco o, fino alla stagione 2018\19, giallo.

La maglia nera 2021/22

foto di Andrea Nicodemo

L’ultima creazione non-granata è forse quella di maggior impatto (sarà anche per la novità assoluta della proposta): total black con sottili righe tono su tono, colletto, inserti e numeri bianchi. Il suo esordio è arrivato domenica al “Mecchia”, nella prima uscita stagionale. L’idea di fondo è elegante, l’unico difetto potrebbe essere dato dalla compresenza un po’ ingombrante di due sponsor e dello stemma societario, ma il logo centrale si intona discretamente con il resto. Sembra una lontana parente della tenuta degli All Balcks.

La seconda maglia dal 2019/20 in poi

Foto di Andrea Nicodemo

Prima di domenica scorsa, la seconda maglia era quella, veramente bella, bianca con una banda granata orizzontale sul petto, pantaloncini granata e numeri bianchi. Probabilmente una delle più iconiche di tutte. Questo sia per l’effetto vintage dato dal taglio anni 80′ della banda, sia perché, sopra i numeri granata sul retro, grandi e squadrati, si trovano (così come nel kit casalingo) i disegni stilizzati del campanile e delle due gru, animale simbolo della città. Prima che la Serenissima ne facesse un fortunato centro del proprio commercio verso il nord Europa, le gru trascorrevano l’inverno nelle paludi del portogruarese, dove potevano anche purificarsi prima della stagione estiva. Sono nello stemma (oltre che nel nome) della città. L’altro simbolo è il campanile del duomo, reso inconfondibile per la sua forte inclinazione, si dice sia la terza torre più pendente d’Italia.

Foto di Andrea Nicodemo

Se passate nel centro storico e chiedete del campanile, tra i tavolini dei bar all’ombra dei portici, facilmente vi sarà fatto notare che la torre minaccia di cadere sul duomo e non sulla piazza. Una vecchia leggenda, derivata dal passato repubblicano di Portogruaro, una delle città rimaste fedeli fino all’ultimo a Venezia dopo il 1797. Al di là del rapporto ondivago con il clero, la ragione dell’inclinazione si deve al fondo melmoso sul quale il campanile è stato innalzato. Tornando alla maglia, lo sponsor principale e lo stemma del Portogruaro femminile si integrano alla perfezione con il resto della maglia. Non è un fattore da poco: il logo granata con la ragazza che calcia il pallone fu creato nel 2013 da Giorgio Furlanis e da Shaqa Gashi, la prima pietra sul Porto che sarebbe stato.

L’introvabile maglia gialla 2020/21

Foto di Andrea Nicodemo

Andando a ritroso alla stagione scorsa, ci si imbatte nel Gronchi rosa delle seconde maglie del Porto. Quella gialla con sottili righe granata orizzontali, simili a un tramonto nel deserto, e dettagli biancogranata sul colletto e sulle maniche. Più introvabile della figurina di Pizzaballa, fu indossata in poche apparizioni, l’ultima delle quali la sconfitta per 0-2 in casa nel derby contro il Padova. Classico confronto città-provincia: le locali oppongono intensità e mutuo soccorso contro l’inarrivabile pedigree ospite. Ne nasce una partita più equilibrata che bloccata, con poche occasioni: la differenza è che le patavine ne sfruttano due a un quarto d’ora dalla fine. Finisce così. I numeri granata di forma geometrica ricordano quelli della Adidas anni ’70 e insieme al colletto bianco la rendono una delle maglie più elaborate e forse più strane della recente storia del Porto femminile.

La mitica maglia blu

Foto di Andrea Nicodemo

La maglia più rivoluzionaria è però senza dubbio la blu royal: disegno pulito, tinta unita, con numeri e inserti bianchi ondulati sui fianchi. Cromaticamente all’opposto del granata classico, ricorda vagamente la seconda divisa del Brasile. Rimarrà una delle più gloriose, visto che con questa addosso furono festeggiati il 2-1 contro il Net.Uno nel ritorno dei playoff 2018/19 e la vittoria, sempre per 2 a 1, nello scontro al vertice dell’anno successivo contro il Real Montecchio Maggiore. Molto usata tra 2017 e 2019, un suo punto positivo è la poca invasività dello sponsor, limitato a una piccola scritta bianca in alto a destra, che spicca sul blu dominante.

La maglia bianca, un classico

Foto di Andrea Nicodemo

La maglia bianca con inserti e pantaloncini blu scuro è la più “working class hero” di tutte. Si tratta di un vero pezzo di storia, perché è la prima divisa da trasferta ufficiale del Porto femminile e trasmette, attraverso il disegno e l’abbinamento essenziale, la sobrietà e il pragmatismo, valore fondamentale del calcio femminile in riva al Lemene fin dai suoi esordi. Partendo da lontano è arrivata fino alle soglie della scorsa stagione, venendo impiegata nella gara di apertura del campionato contro la Spal. Era l’esordio assoluto in C per la matricola portogruarese: sarà che al “Mecchia” piove nel vento, sarà il nome dell’avversario, ma le padrone di casa soffrono maledettamente. Vantaggio estense al 21′ del primo tempo, raddoppio a inizio secondo tempo su rigore. Comacchio evita a più riprese il tris, a quel punto però scatta qualcosa: Gashi dimezza lo svantaggio con una punizione da casa sua, la gara si riapre, ma il tempo è ormai agli sgoccioli.

Al 90′ le estensi sembrano in controllo, quando Battaiotto cambia passo a centrocampo. Finotto le indica la linea di passaggio, palla in verticale a servire il movimento della compagna, che si trova oltre la difesa, in corsa davanti il portiere. Finta di corpo, Rolfini che arriva a valanga abbocca, porta vuota, è fatta. Quel 2-2 strappato di cuore all’ultimo battito del match, rivisto oggi, è una metafora della stagione del Porto, che proprio nel momento più buio, a poche giornate dalla fine, trovò dentro di sé, chissà dove, le energie per la rimonta finale. Era l’11 ottobre 2020, un anno dopo, alla prima di campionato, di nuovo Portogruaro-Spal, di nuovo al “Mecchia”. È finita 3-3, Porto dominante per 90′ poi la rimonta spallina nel recupero, come in una resa dei conti. Sarà l’inizio di un’altra stagione da romanzo? Vedremo. Di sicuro l’unica certezza da qui in avanti è che “Portogruaro è granata e granata per sempre sarà”.

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