Nella giornata di ieri Sara Bojrk Gunnarsdottir tramite il portale “The Players Tribune” ha sganciato una bomba contro il suo ex club, l’Olympic Lyonnais che, durante la gravidanza, non le avrebbe pagato lo stipendio per quasi tutto il periodo di gestazione .
Dopo i casi di Alice Pignagnoli contro la Lucchese ed Emma Mukandi contro la Federazione Inglese, arriva l’ennesima denuncia di una giocatrice della mancata tutela di una giocatrice durante la gravidanza.
La situazione della giocatrice della Juventus, forse, è il peggiore dei tre. Innanzi tutto la società interpellata oltra ad essere una società professionistica, è una delle squadre più forti del mondo e otto volte campionesse d’Europa.
Inoltre nel periodo in cui l’islandese ha scoperto di diventare mamma c’erano già i primi obblighi da parte della FIFA nei confronti dei club di pagare ugualmente le calciatrici nel caso fossero incinte.
Ovviamente la risposta del Lione non si fa attendere, ma prima facciamo un passo indietro ed analizziamo i principali punti di questa storia.
I fatti
A marzo 2021 Gunnarsdottir scopre di essere incinta, ma come accadeva in quel periodo in tutta Europa le giocatrici tendevano a nascondere la propria situazione le prime settimane per paura di una reazione errata da parte del club.
Per cui la centrocampista annuncia allo staff e alla compagne la “dolce notizia” solo un mese dopo il test, successivamente a un malore durante PSG-Lione che l’ha portata alla sostituzione all’intervallo.
Con una piacevole sorpresa la dirigenza si congratula con la neo mamma, sottolineando che il club è a disposizione per qualunque cosa e soprattutto durante la sua “assenza” forzata lo stipendio arriverà regolarmente.
La ex giocatrice del Wolfsburg assicura di voler rimanere al Lione anche dopo il parto, firma il piano, conclude le ultime scartofie per l’assicurazione e successivamente parte per l’Islanda.
La situazione è tranquilla, nulla sembra andare storto, fino a quando non arriva il primo stipendio. La calciatrice all’inizio non ci ha dato troppo peso pensando fosse un errore, visto che della somma totale aveva percepito solo una piccola parte, però così non è.
Il mese successive succede la stessa cosa, per cui l’islandese chiede alle compagne se a loro fosse successo la stessa cosa, ma le altre assicurano che i loro stipendi siano arrivati puntuali.
A quel punto Gunnardsottir non ci sta, chiama il direttore del club per chiedere spiegazioni, ma quest’ultimo non da segnali di vita, ci riprova l’agenzia della giocatrice con lettera formale.
Il diretto interessato finalmente risponde scusandosi dell’errore e rassicurando l’arrivo dei due mesi mancanti nella “busta paga” successiva. Il tutto sembra risolto, ma al terzo mese non solo non c’è traccia degli arretrati, ma tanto meno lo stipendio di quel mese, aggrappandosi al fatto che secondo la legge francese loro non devono pagarle nulla.
E’ vero, secondo le leggi francesi vigenti sulla tutela della maternità delle calciatrici le società non devono pagare lo stipendio, però la FIFA proprio in quel periodo ha diramato un obbligo per tutti i club di pagare almeno 14 settimane di stipendio durante la gravidanza.
L’inizio della fine: la FIFPRO
Un ruolo fondamentale nella vicenda comincia a prenderlo FIFPRO che proprio quel periodo ha cominciato a lavorare per i diritti delle calciatrici incinte.
Nel mentre la juventina si mette in contatto con l’associazione, il Lione continua a non pagare e tanto meno a rispondere a continui richiami della calciatrice, fino a quando, dopo mesi e mesi, la FIFPRO insieme alla FIFA sarebbero scese in campo per difendere i diritti dell’islandese.
Questa è la goccia che fa traboccare il vaso e il direttore del club Vincent decide di essere chiaro: “Se Sara denuncerà alla FIFA non avrà futuro al Lione“.
Con questa frase una dei più grandi club femminili della storia, uno dei pionieri sia in Francia che in Europa e il più vincente del continente europeo, ha dimostrato che c’è ancora tanta, anzi, tantissima strada da fare prima che un’atleta donna si considerata e tutelata realmente.
L’associazione dei giocatori lavora sodo per riuscire ad ottenere tutti gli arretrati preparando l’udienza nei tribunali FIFA, mentre la neo mamma, grazie a Sonia Bompastor, torna ad allenarsi in squadra, ma ovviamente non tutto fila liscio.
La dirigenza comincia a mettere il bastone fra le ruote, negandole di viaggiare con il bambino insieme alla squadra, poiché avrebbe potuto disturbare. Ovviamente Gunnarsdottir si rifiuta di accettare e la società le concede due trasferte di prova, se il test avesse dato esito negativo, lei non sarebbe più partita per una partita fuoricasa.
Più la FIFPRO ultima la pratica, più Vincet accusa la sua giocatrice di essere interessata solo ai soldi, che non ha nessun senso denunciare il fatto alla FIFA, ma il direttore non ha capito che, non è questione di affari, ma di tutelare a 360° una donna, lavoratrice e madre.
Finalmente, dopo un lunghissimo periodo, a maggio arriva la sentenza: “Il club è obbligato a pagare tutti gli stipendi mancati alla giocatrice”. Il Lione ovviamente chiede il ricorso, ma il tribunale respinge la richiesta sottolineando come le regole della FIFA siano chiare e i club siano chiamate a rispettarli.
La risposta del Lione
Ovviamente la risposta del Lione non si fa attendere e solo un giorno dopo, con un comunicato ufficiale il club mette in evidenza vari punti, ovviamente pienamente discordanti con il racconto di Gunnarsdottir.
I piani alti della società dichiarano di aver rispettato alla lettere la legge francese, seppur per loro non sono per niente d’accordo, per cui successivamente sottolineano di aver fatto di tutto per tutelare la loro ex giocatrice.
Successivamente negano di aver minacciato la centrocampista di non farla entrare più nel progetto nel momento della “denuncia” alla FIFA e inoltre le strade si sono divise per volere della calciatrice.
Infine per cercare di proteggersi più possibile dalla grande figuraccia, buttano nella mischia la situazione di Amel Majri, centrocampista francese tornata da poco in campo dopo la maternità. Con questa affermazione provano a smentire tutte le voci che dichiarano quanto il Lione non accetti neomamme.
E per il futuro?
Tutte queste denunce devono far capire alla FIFA e di conseguenza alla FIFPRO che, le attuali disposizioni per tutelare la gravidanza delle giocatrici non sono del tutto utili.
Serve un piano generalizzato e obbligatorio esteso per tutti i campionati europei, senza la possibilità di aggrapparsi alle inesistenti leggi nazionali, come nel caso di Gunnarsdottir o Mukandi.
La strada è lunga e tortuosa, ma se si vuole comprendere al 100% il calcio femminile, prima di tutto bisogna capire che la calciatrice è una professione e hanno tutti i diritti, ovviamente anche doveri, di una qualsiasi lavoratrice.