I tre buoni propositi del calcio femminile

Arrivati a ridosso di un nuovo anno si è soliti a stilare una lista particolare, che permette di mettere in fila, ad uno ad uno, i vari obiettivi da raggiungere nell’anno che verrà: sì, il famoso elenco dei buoni propositi. C’è chi ha bisogno di porsi nuove mete da raggiungere, in senso letterale o metaforico, chi si pone il traguardo di un miglioramento personale, ma anche chi vuole solo tuffarsi a capofitto nel nuovo capitolo di vita.

Se dovessimo personificare il movimento del calcio femminile, potremmo parlare di molti, moltissimi buoni propositi, che spaziano dal più venale, ma necessario, lato economico, alla parte passionale più umana di tutto il panorama sportivo. Per porsi degli obiettivi per il futuro, però, è necessario un lavoro di introspezione non indifferente, ed individuare ciò che ha bisogno di essere cambiato, più o meno radicalmente. In questo senso, il 2021 è l’ultimo anno che non vedrà il professionismo nel gioco del pallone al femminile: il prossimo anno, o meglio, la prossima stagione, aprirà le porte ad un nuovo status per le sole atlete della Serie A. Il primo, buon proposito dell’anno nuovo dovrebbe essere un progetto a lungo termine volto a rendere il più sostenibile possibile questo cambiamento per tutte le società, ma soprattutto per far trovare pronte le squadre militanti nella serie cadetta ad intraprendere un simile percorso, sicuramente più tortuoso. Questo eviterebbe il brusco cambiamento delle squadre neopromosse da una condizione di dilettantismo ad un professionismo difficilmente sostenibile, economicamente e a livello di risultati calcistici.

Con l’arrivo dell’ufficiale status di atlete professioniste e l’avvio di un tardo percorso sulle orme del calcio maschile delle origini, è chiaro che qualcosa cambierà. Il buon auspicio per il nuovo anno, ma anche per tutti quelli a venire, è quello di vedere intatti i valori che da sempre fanno innamorare del calcio femminile, riassumibili in due parole: fair play. Chiunque si sia avvicinato a questo sport, è stato catturato dal suo rispettoso agonismo, prima ancora che dalla qualità del gioco, spesso scappando dal business calcistico che ha circondato il panorama maschile. Chi scopre questo microcosmo lo trova fuggendo da spettacoli pieni, oramai, di finzioni, interessi, di mancanza di sportività. Queste, però, sono conseguenze non generalizzate di un processo che tra poco potremmo vedere anche noi amatori di calcio femminile. Il nostro augurio è quello di vedere il più tardi possibile (utopico sarebbe dire “mai”) scene di antisportività, e di continuare ad applaudire due avversarie che si tendono la mano dopo un duro affondo. Perché il calcio femminile deve rimanere il più possibile uno spicchio di vita in cui i valori dello sport rimangano intatti, per rapire gli sguardi ed educare le menti.

Proprio l’educazione e la formazione sportiva sono grandi strumenti per la crescita dei giovani di oggi, che in cuor loro non vedono differenze di genere nel praticare un’attività fisica. Ed è giusto che sia così: allora per quanto tempo ancora ci sarà chi si nasconde dietro al dito del “questo non è uno sport da femmina o da maschio”? Rimane ancora troppo facile praticare la retorica dello sport che, di natura, deve essere assegnato alla “ciocca rosa” e alla “ciocca blu”. È sempre bene ribadire, invece, come una convenzione sociale che vede più uomini che donne giocare a pallone non è una regola ferrea ed indiscutibile, anzi. Non c’è niente di male nell’essere l’unica bambina in una squadra di maschietti, di essere l’unico ragazzo in una palestra di ginnastica artistica, essere tra i pochi come te, ma essere felice. C’è di male, invece, ad etichettare come problematica una bambina che vuole iscriversi ad una scuola calcio, vero Clementina? Perché per un ragazzino o una ragazzina che insistono, ce ne saranno decine e decine che rinunceranno al loro piccolo grande sogno. Abbiate tutti, quindi, il buon proposito di essere voi stessi, ma soprattutto di non arrampicarvi sugli specchi, ormai quasi rotti, delle costruzioni sociali.

Che sia un anno nuovo, di rinnovato (se non maggiore) rispetto, sensibilità e gentilezza. Nei confronti di tutti, nello sport e nella vita.

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