Ilaria Mauro è stata una delle più grandi giocatrici che il calcio italiano ci abbia regalato: una professionista a tutto tondo, un’atleta dall’altrettanto grande tempra, sia fisica che morale, una donna che è stata un esempio per centinaia, forse migliaia, di altre.
Ha appeso gli scarpini al chiodo a settembre di quest’anno, dopo aver vestito le maglie di Tavagnacco, Sand, Turbine Potsdam, Fiorentina e Inter, oltre ad aver timbrato quarantotto volte il cartellino per la Nazionale Maggiore, con cui ha partecipato anche allo storico Mondiale del 2019.
Se in Friuli è nata e di gialloblù vestita è sbocciata, come un fiore in Germania è cresciuta, facendosi le ossa in Bundesliga per poi esplodere definitivamente in Italia con la maglia della Fiorentina, con cui ha messo a referto cento presenze tonde e ben sessanta marcature, in quei quattro anni che hanno visto Firenze trionfare sul campo nazionale, cucendosi anche uno scudetto al petto nel 2016: se Alia Guagni ne è stata ed è tuttora regina, Ilaria Mauro di Firenze è stata l’artiglieria pesante, un cannone sempre pronto a sparare per quella maglia viola indossata, onorata e, prima di tutto, amata.
Si è ritirata all’ombra nerazzurra della Madonnina, dopo una sola stagione, pesantemente condizionata dai problemi fisici. Ovunque è andata, ha lasciato un segno: un’impronta, di eleganza e determinazione, unita al coraggio di chi non getta mai la spugna, nonostante i molti, troppi, infortuni che troppo presto l’hanno strappata al rettangolo verde.
Adesso guarda al futuro, con il pensiero di non voler abbandonare del tutto il campo da gioco: una panchina? Un ruolo in dirigenza? Chissà. Quello che è certo è che il calcio fa parte della sua vita e con o senza scarpini sarà impossibile lasciarlo definitivamente.
“Sempre sarai, nella tasca a destra in alto” di tutte le persone che amano il calcio, che da ormai più di due mesi ha salutato una delle più grandi donne che lui stesso ci ha donato.
Grazie, Ilaria.